Conero, mare e monte. E lungo le sue rive si son poggiati i miei ricordi, i cerchi di canzoni, le barche di legno e i pontili fatti apposta per dondolare le gambe leggere.
Il Monte Conero prende il nome da un suo antico prodotto, il Komaros, per gli antichi greci, il Corbezzolo o “ciliegio marino” tipico della macchia mediterranea.
Nello stemma di Ancona un braccio piegato a gomito, Ankon, regge un ramoscello di corbezzolo carico di frutti. Anticamente era considerata una pianta magica, il suo uso eccessivo porta ad uno stato di vertigine simile all’ebrezza.
Partendo da Lacrimarte e percorrendo statali a veloce scorrimento raggiungerete il Monte Conero in circa trenta minuti di auto.
Salendo per la tortuosa strada arriverete alla Badia di San Pietro al Conero, posta quasi alla sommità del monte ed eretta nei primi anni del mille è un notevole esempio dell’architettura romanica della regione.
Nell’alto medioevo questo luogo era popolato da eremiti che dimoravano in grotte naturali o scavate nelle rocce, i cosidetti Romitori.
A sinistra della piccola chiesetta inizia un sentiero che si snoda per circa venti minuti dentro il bosco, percorrendolo arriverete su un belvedere da dove potrete ammirare “Le due sorelle”, due bianchi faraglioni che emergono fra le infinite sfumature dell’acqua che vanno dal verde smeraldo al blu intenso.
“Cosi benedetta da Dio di bellezza, di varietà, di ubertà, tra questo disgradare di monti che difendono, tra questo distendersi di mari che abbracciano, tra questa apertura di valli che sorridono” Giosuè Carducci